TAR su l’equo compenso
Il TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) ha emesso una sentenza riguardante l’equo compenso, un principio volto a garantire una retribuzione adeguata e proporzionata per i professionisti, in linea con la complessità e la qualità dei servizi offerti. La decisione del TAR rappresenta un passo significativo nella tutela dei diritti dei lavoratori, assicurando che le tariffe siano giuste e rispettino il valore del lavoro svolto.
TAR VENETO 03/04/2024, N. 632
2. Nel merito
II CoIIegio ritiene di doversi, in primo Iuogo, soffermare suII’esame deIIa Iegge n. 49/2023, per quanto in questa sede di interesse.
Come è noto, con I’approvazione deIIa Iegge 21 apriIe 2023, n. 49, pubbIicata suIIa G.U. 5 maggio 2023, n. 104 (ed entrata in vigore in data 20 maggio 2023), iI IegisIatore ha riscritto Ie regoIe in materia di compenso equo per Ie prestazioni professionaIi con I’intento di incrementare Ie tuteIe per quest’uItime, garantendo Ia percezione, da parte dei professionisti, di un corrispettivo equo per Ia pre- stazione inteIIettuaIe eseguita anche neII’ambito di quei rapporti d’opera professionaIe in cui essi si tro- vino neIIa posizione di “contraenti deboIi”.
Più neI dettagIio, Ia noveIIa normativa, che trova appIicazione in favore di tutti i professionisti, a pre- scindere daIIa Ioro iscrizione ad un ordine o coIIegio, ha previsto (art. 1) che per compenso equo deve intendersi Ia corresponsione di un compenso proporzionato aIIa quantità e aIIa quaIità deI Iavoro svoIto, aI contenuto e aIIe caratteristiche deIIa prestazione professionaIe, nonché conforme ai compensi previ- sti rispettivamente:
a) per gIi avvocati, daI decreto deI Ministro deIIa giustizia emanato ai sensi deII’articoIo 13, comma 6, deIIa Iegge 31 dicembre 2012, n. 247;
b) per i professionisti iscritti agIi ordini e coIIegi, dai decreti ministeriaIi adottati ai sensi deII’articoIo 9 deI decreto-Iegge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, daIIa Iegge 24 marzo
2012, n. 27;
c) per i professionisti di cui aI comma 2 deII’articoIo 1 deIIa Iegge 14 gennaio 2013, n. 4, daI decreto deI Ministro deIIe imprese e deI made in ItaIy.
II successivo articoIo 2, inoItre, ha specificato che Ia Iegge in esame trova appIicazione ai rapporti pro- fessionaIi fondati suIIa prestazione d’opera inteIIettuaIe ex art. 2230 c.c., regoIamentati da convenzioni aventi ad oggetto Io svoIgimento, anche in forma associata o societaria, deIIe attività professionaIi pre- state a favore di imprese bancarie e assicurative, deIIe Ioro società controIIate e deIIe Ioro mandatarie, imprese che, neII’anno precedente aI conferimento deII’incarico, hanno occupato aIIe proprie dipen- denze più di 50 Iavoratori ovvero hanno presentato ricavi annui superiori a 10 miIioni di euro e, infine, per Ie prestazioni rese in favore deIIa PubbIica Amministrazione.
II IegisIatore ha quindi stabiIito Ia nuIIità deIIe cIausoIe che non prevedono un compenso equo e pro- porzionato aII’opera prestata, come determinato daII’art. 2, introducendo una nuIIità reIativa o di prote- zione che consente aI professionista di impugnare Ia convenzione, iI contratto, I’esito deIIa gara, I’affidamento, Ia predisposizione di un eIenco di fiduciari o comunque quaIsiasi accordo che prevede un compenso iniquo innanzi aI TribunaIe territoriaImente competente in base aI Iuogo in cui ha Ia residen- za per far vaIere Ia nuIIità deIIa pattuizione, chiedendo Ia rideterminazione giudiziaIe deI compenso per
l’attività professionale prestata con l’applicazione dei parametri previsti dai decreti ministeriali relativi alla specifica attività svolta dal professionista.
Lo scopo della normativa in esame, come visto, è quello di tutelare i professionisti nell’ambito dei rap- porti d’opera professionale in cui essi si trovino nella posizione di “contraenti deboli” ed emerge ulte- riormente dalla previsione per la quale gli stessi ordini e i collegi professionali sono chiamati ad adotta- re disposizioni deontologiche volte a sanzionare il professionista che violi le disposizioni sull’equo compenso.
2.1. Ebbene, è opinione di questo Collegio che non vi sia alcuna antinomia in concreto tra la legge n. 49/2023 e la disciplina del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50/2016 (applicabile, ratione temporis, alla fattispecie in oggetto).
La tesi dell’antinomia è stata prospettata, con maggior precisione, dall’Amministrazione resistente, la quale ha osservato che l’art. 95, d.lgs. 50/2016 (così come oggi l’art. 108, c. 1 d.lgs. 36/2023) ha previ- sto tre diversi criteri di aggiudicazione: 1) affidamento “sulla base del criterio dell’offerta economica- mente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo”; 2) affidamento sulla base “dell’elemento prezzo”; 3) affidamento sulla base “del costo, seguendo un criterio di comparazio- ne costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita”, con competizione limitata ai profili qualitativi.
Secondo la Stazione appaltante, quindi, poiché il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa è fondato “sul miglior rapporto qualità/prezzo”, a seguito dell’entrata in vigore della legge su c.d. “equo compenso”, le gare per servizi di architettura o di ingegneria dovrebbero essere strutturate e aggiudicate sulla base di un “prezzo fisso” non ribassabile, individuato dalla stessa P.a. come corrispettivo posto a base di gara, con competizione limitata alla sola componente tecnica dell’offerta e con una evidente compromissione della libera contrattazione, del confronto competitivo tra operatori economici e dei principi comunitari in materia di libertà di circolazione, di stabilimento e di prestazione di servizi.
Nel medesimo solco interpretativo, come segnalato dalla Stazione appaltante e dal Raggruppamento aggiudicatario, si è parzialmente collocata anche l’Anac che, oltre a sollecitare un intervento chiarifica- to del legislatore, ha evidenziato dei dubbi circa l’applicabilità della legge sull’equo compenso alla ma- teria dei contratti pubblici.
Il Collegio ritiene la tesi in esame non condivisibile.
Si deve ricordare, in via generale, che un’antinomia può configurarsi “in concreto” allorché – in sede di applicazione – due norme connettono conseguenze giuridiche incompatibili ad una medesima fattispe- cie concreta. Ciò accade ogniqualvolta quest’ultima sia contemporaneamente sussumibile in due ipo- tesi normative diverse, l’applicazione delle quali, comporti, in conformità a quanto previsto dall’ordinamento giuridico, conseguenze giuridiche incompatibili tra loro.
In tale ipotesi, l’interprete è chiamato ad effettuare una interpretazione letterale, teleologica e adegua- trice delle norme in apparente contrasto, al fine di determinarne il significato che è loro proprio, coordi- nandole anche in un più ampio sistema di norme, rappresentato dall’ordinamento giuridico.
Nell’ipotesi in esame, l’interpretazione letterale e teleologica della legge n. 49/2023 depone in maniera inequivoca per la sua applicabilità alla materia dei contratti pubblici.
Come già esposto, infatti, il legislatore, al dichiarato intento di tutelare i professionisti intellettuali nei rapporti contrattuali con “contraenti forti” ha espressamente previsto l’applicazione della legge anche nei confronti della Pubblica Amministrazione e ha riconosciuto la legittimazione del professionista all’impugnazione del contratto, dell’esito della gara, dell’affidamento qualora sia stato determinato un corrispettivo qualificabile come iniquo ai sensi della stessa legge.
Non a caso, l’art. 8, d.lgs. n. 36/2023, oggi prevede che le Pubbliche Amministrazioni, salvo che in ipo- tesi eccezionali di prestazioni rese gratuitamente, devono garantire comunque l’applicazione del prin- cipio dell’equo compenso nei confronti dei prestatori d’opera intellettuale.
Sul piano letterale e teleologico, pertanto, gli elementi sopra evidenziati depongono in maniera chiara per l’applicabilità delle previsioni della legge n. 49/2023 anche alla disciplina contenuta nel d.lgs. n. 50 del 2016; diversamente opinando, l’intervento normativo in questione risulterebbe privo di reale effica- cia sul mercato delle prestazioni d’opera intellettuale qualora il legislatore avesse inteso escludere i rapporti contrattuali tra i professionisti e la Pubblica Amministrazione che, nel mercato del lavoro attua- le, rappresentano una percentuale preponderante del totale dei rapporti contrattuali conclusi per la prestazione di tale tipologia (si ricorda, a titolo esemplificativo, che con riferimento al 2021 l’Anac, in un periodo ancora condizionato dall’emergenza pandemica, ha stimato in circa 70 miliardi di euro il valore totale degli appalti di servizi aggiudicati dalle Pubbliche Amministrazioni).
Il Collegio ritiene, poi, che sia comunque applicabile, anche successivamente all’entrata in vigore della legge n. 49/2023, il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in ragione del rapporto qualità/prezzo.
Infatti, mediante l’interpretazione coordinata delle norme in materia di equo compenso e del codice dei contratti pubblici (nel caso in esame, del d.lgs. n. 50/2016, ma il ragionamento è analogo anche con
riguardo al d.lgs. n. 36/2023) si può affermare che il compenso del professionista sia soltanto una delle componenti del “prezzo” determinato dall’Amministrazione come importo a base di gara, al quale si affiancano altre voci, relative in particolare alle “spese ed oneri accessori”.
L’Amministrazione è chiamata a quantificare tali voci in applicazione del D.M. 17 giugno 2016 per indi- viduare l’importo complessivo da porre a base di gara; al tempo stesso, la voce “compenso”, individua- ta con tale modalità come una delle voci che costituiscono il prezzo, è da qualificare anche come com- penso equo ai sensi della legge n. 49/2023, che sotto tale aspetto stabilisce che è equo il compenso dell’ingegnere o architetto determinato con l’applicazione dei decreti ministeriali adottati ai sensi dell’art. 9, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1.
A tale conclusione si perviene in ragione del fatto che le due tipologie di decreti ministeriali (ossia il
D.M. 17 giugno 2016 e il DM 140/2012 adottato ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1) sono costruiti con l’applicazione degli stessi parametri e la valorizzazione delle medesime voci; lo stesso art. 9, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1, inoltre, disciplina unitariamente sia la determinazione dei compensi liquidabili giudizialmente al professionista, sia la determinazione degli importi da porre a base di gara da parte delle Amministrazioni (art. 9.2.“Ferma restando l’abrogazione di cui al comma 1, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista è deter- minato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del Ministro vigilante, da adottare nel termine di centoventi giorni successivi alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decre- to. Entro lo stesso termine, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono anche stabiliti i parametri per oneri e contribuzioni alle casse pro- fessionali e agli archivi precedentemente basati sulle tariffe. Il decreto deve salvaguardare l’equilibrio finanziario, anche di lungo periodo, delle casse previdenziali professionali. Ai fini della determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all’architettura e all’ingegneria di cui alla parte II, titolo I, capo IV del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, si applicano i parametri individuati con il decreto di cui al primo periodo, da emanarsi, per gli aspetti relativi alle disposizioni di cui al presente periodo, di concerto con il Ministro delle infrastrut- ture e dei trasporti; con il medesimo decreto sono altresì definite le classificazioni delle prestazioni pro- fessionali relative ai predetti servizi. I parametri individuati non possono condurre alla determinazione di un importo a base di gara superiore a quello derivante dall’applicazione delle tariffe professionali vi- genti prima dell’entrata in vigore del presente decreto.”).
Ne deriva che il compenso determinato dall’Amministrazione ai sensi del D.M. 17 giugno 2016 deve ritenersi non ribassabile dall’operatore economico, trattandosi di “equo compenso” il cui ribasso si ri- solverebbe, essenzialmente, in una proposta contrattuale volta alla conclusione di un contratto pubbli- co gravato da una nullità di protezione e contrastante con una norma imperativa.
Nondimeno, trattandosi di una delle plurime componenti del complessivo “prezzo” quantificato dall’Amministrazione, l’operatività del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più van- taggiosa, in ragione del rapporto qualità/prezzo, è fatta salva in ragione della libertà, per l’operatore economico, di formulare la propria offerta economica ribassando le voci estranee al compenso, ossia le spese e gli oneri accessori.
Siffatta conclusione, oltre ad assicurare la coerente e coordinata applicazione dei due testi normativi, consente di escludere che la legge n. 49/2023 produca di per sé effetti anti concorrenziali o in contra- sto con la disciplina dell’Unione Europea (profilo che sarà esaminato più ampiamente nel prosieguo dell’esposizione). Si osserva, infatti, che escludere la proposizione di offerte economiche al ribasso sulla componente del prezzo rappresentata dai “compensi” non è un ostacolo alla concorrenza o alla libertà di circolazione e di stabilimento degli operatori economici, ma al contrario rappresenta una tute- la per questi ultimi, a prescindere dalla loro nazionalità, in quanto permetterà loro di conseguire un cor- rispettivo equo e proporzionato anche da un contraente forte quale è la Pubblica Amministrazione e anche in misura superiore a quella che sarebbero stati disposti ad accettare per conseguire l’appalto; inoltre, l’operatore economico che, in virtù della sua organizzazione d’impresa, dovesse ritenere di po- ter ribassare componenti accessori del prezzo (ad esempio le spese generali) potrà avvantaggiarsi di tale capacità nell’ambito del confronto competitivo con gli altri partecipanti alla gara, fermo restando il dovere dell’Amministrazione di sottoporre a controllo di anomalia quelle offerte non serie o che, per la consistenza del ribasso offerto su componenti accessorie del prezzo, potranno apparire in buona so- stanza abusive, ossia volte ad ottenere un vantaggio indebito traslando su voci accessorie il ribasso economico che, in mancanza della legge n. 49/2023, sarebbe stato offerto sui compensi.
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