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Circolare esplicativa Legge 13 del 9 gennaio 1989

Circolare 1669/1989

Circolare esplicativa Legge 13 del 9 gennaio 1989
MINISTERO DEI LAVORI PUBBLICI

1. Ambito di applicazione
1.1. La legge 9.1.1989, n. 13 – così come modificata e integrata dalla L. 27.2.1989, n. 62, – reca “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”, ed interviene, quindi, nel tessuto normativo preposto ad assicurare l’utilizzazione degli spazi edificati, e a quelli ad essi accessori, a una sempre più allargata fascia di individui, con particolare riguardo a chi, permanentemente o temporaneamente, soffre di una ridotta o impedita capacità motoria.
Opera pertanto, la legge 13/’89, nel solco di altri interventi normativi, che a livello statuale, si sono nel passato avuti nella materia che ci occupa; primo fra tutti la L. 30.3.1971, n. 118 (e il D.P.R. 27.4.1978, n. 384 contenente il regolamento di attuazione ex art. 27 della predetta L. 118/1971) che affrontava il problema del superamento delle barriere architettoniche negli edifici pubblici, privati aperti al pubblico e nel settore dei trasporti pubblici. Meritano inoltre di essere menzionate le circolari del Ministero dei LL.PP. 20.1.1967, n. 425 e, soprattutto, 19.6.1968, n. 4809 che possono essere considerati i primi approcci istituzionali al problema.
Per effetto di tali preesistenti normative la tematica del superamento delle barriere architettoniche era riferita essenzialmente agli edifici pubblici e a quelli privati aperti al pubblico (art. 27 L. 118/71) e, soltanto marginalmente, anche a quelli di edilizia residenziale pubblica (art. 17 D.P.R. 384/1978).
Rimanevano pertanto quasi del tutto estranei alla considerazione del legislatore gli edifici ove, di norma, si svolge una considerevole e, sotto taluni aspetti, primaria sfera della vita di relazione delle persone: gli edifici privati e quelli destinati ad uso abitativo. A colmare tale lacuna è intervenuta la legge 13/’89.
1.2. Per l’espressa disposizione contenuta nel titolo della legge e per quanto è previsto all’art. 1, 1° comma, il campo di applicazione della normativa in disamina è, per l’appunto, riferita agli edifici privati di nuova costruzione; agli edifici di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata ed agevolata, di nuova costruzione; alla ristrutturazione degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata ed agevolata; agli spazi esterni di pertinenza degli edifici di cui ai punti precedenti.
1.3. La legge 13/1989 può essere suddivisa in tre distinte parti, delle quali la prima è dedicata alle previsioni relative alla costruzione di nuovi edifici ed alla ristrutturazione di interi edifici (art. 1); la seconda al tema delle innovazioni da attuare sugli edifici esistenti dirette alla eliminazione delle barriere architettoniche (articoli 2-7); la terza, infine, è volta a regolare la materia concernente la concessione di contributi a fondo perduto per la realizzazione delle opere direttamente finalizzate al superamento e all’eliminazione di barriere architettoniche in favore di portatori di menomazioni o limitazioni funzionali permanenti (articoli 8-12).

2. Nuove costruzioni e ristrutturazioni
2.1. Per quanto riguarda la prima parte è importante sottolineare che, a decorrere dall’11 agosto 1989 (primo giorno posteriore ai sei mesi dall’entrata in vigore delle legge previsti dall’art. 1, comma 1), tutti i progetti relativi alla costruzione di nuovi edifici ovvero alla ristrutturazione di interi edifici (siano essi, nel primo e nel secondo caso, destinati ad uso abitativo o ad uso non abitativo), compresi anche quelli di edilizia residenziale pubblica, sovvenzionata ed agevolata, dovranno essere adeguati alle prescrizioni tecniche contenute nel decreto del Ministro dei Lavori Pubblici di cui al comma 2 dell’art. 1.
Restano pertanto esclusi dalla portata della disposizione in argomento i soli edifici pubblici, per i quali continuano ad applicarsi le norme tecniche contenute nel D.P.R. 384/1978.
Per quanto riguarda, in particolare, gli edifici privati aperti al pubblico (che pur erano stati oggetto di disciplina da parte del D.P.R. da ultimo citato) questi devono essere ritenuti compresi nell’ambito di applicazione delle più recente L. 13/1989.
Per ciò che concerne il contenuto dei termini accessibilità, adattabilità e visitabilità adottati al 2° comma per indicare i tre fondamentali livelli qualitativi di progettazione e di realizzazione degli spazi costruiti, si rimanda a quanto disposto nel decreto del Ministero Lavori Pubblici di cui allo stesso comma 2.
Il comma 3 contiene una serie di norme prestazionali dirette a stabilire i requisiti che la progettazione deve “comunque” prevedere: tali criteri debbono essere quindi intesi come “standard” minimi di progettazione, fermo restando le prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità contenute nel decreto.

3. Innovazioni
3.1. Le modifiche alle parti comuni di un edificio residenziale privato con pluralità di proprietari (condominio), tendenti al superamento o all’eliminazione delle barriere architettoniche, potranno essere adottate, secondo quanto prescrive l’art. 2 comma 1, dall’assemblea condominiale secondo le modalità previste nell’art. 1136, 2° e 3° comma, del codice civile.
La richiesta al condominio può essere fatta sia dal portatore di handicap (ovvero da chi ne esercita la tutela o potestà) che da ogni altro condomino.
E’ onere di chi ha interesse alla innovazione formulare al condominio relativa richiesta scritta: da tale momento infatti decorrono i tre mesi oltre i quali, nell’ipotesi di mancata pronunzia in odine alla richiesta modifica, potrà essere esercitato il diritto di cui al comma 2.
La disposizione contenuta nell’art. 2 deve ritenersi applicabile, oltre alle ipotesi in cui il portatore di handicap sia proprietario della porzione di immobile, anche all’ipotesi in cui lo detenga a titolo di locazione.
3.2. Il comma 2 dell’art. 2 consente inoltre, nella ipotesi in cui il condominio non approvi la innovazione prospettata o non si pronunzi entro tre mesi dalla stessa richiesta di modifica, che il portatore di handicap, ovvero che ne esercita la tutela o la potestà di cui al titolo IX del libro primo del cod. civ., possa procedere autonomamente e a proprie spese alla messa in opera di particolari innovazioni sulle parti comuni o di uso comune dell’edificio, quali l’installazione di servoscala, o di altre strutture mobili e facilmente rimovibili, e la modifica dell’ampiezza delle porte di accesso.
Il diritto potestativo di cui si è detto è esercitabile anche nei confronti dell’unico proprietario dell’immobile, sia esso soggetto privato o pubblico.
Al proprietario dell’immobile dovrà conseguentemente essere rivolta la richiesta di innovazione.
3.3. Potrà beneficiare delle disposizioni contenute nell’art. 2 in esame colui il quale, affetto da obiettive menomazioni o per effetto di patologie invalidanti irreversibili ( pneumopatie, disturbi cardiocircolatori, ecc.), non sia in grado di raggiungere la propria abitazione se non con l’aiuto di terze persone, a rischio della salute.
3.4. Il comma 3 dell’art. 2, richiamandosi a specifiche norme del codice civile, detta infine disposizioni comportanti il divieto di eseguire innovazioni che possano recare pregiudizio all’immobile (art. 1120, 2° comma, cod. civ.) e la possibilità da parte del condomino, che si sia dissociato dalla volontà di modificare le cose comuni con innovazioni suscettibili di utilizzazione separata (es. ascensore), di partecipare in un secondo momento ai vantaggi della innovazione, contribuendo, ai sensi dell’art. 1121, 3° comma, cod. civ., alle spese di esecuzione e manutenzione dell’opera. La stessa facoltà, oltre al condomino, spetta ai suoi eredi o aventi causa.
In definitiva le opere oggetto delle deliberazioni di cui al comma 1 dell’art. 2, finalizzate al superamento delle barriere architettoniche, incontrano gli unici limiti nel pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, nell’alterazione del decoro architettonico o nella inservibilità all’uso o al godimento anche di un solo condomino di parti comuni (art. 1120, 2° c., cod. civ.).
Le innovazioni invece eseguibili ai sensi del comma 2 dell’art.2, cioè quelle poste in essere dal portatore di handicap (ovvero da chi ne esercita la tutela o potestà), a proprie spese, nell’ipotesi di rifiuto o mancata risposta da parte del condominio, oltre ai limiti sopra menzionati (art. 1120, 2° c., cod. civ.), possono riguardare tassativamente soltanto gli interventi specificati nel comma stesso, quali, a titolo esemplificativo, il servoscala, la piattaforma mobile, i sistemi di apertura automatica di porte o cancelli, le carrozzelle elettriche montascale (ma non anche, quindi, l’ascensore).
3.5. Problemi particolari possono sorgere con riguardo all’ipotesi in cui il portatore di handicap abiti a titolo di proprietà o di locazione l’alloggio, e a seconda che le opere incidano sulle parti comuni o meno.
Se l’interessato è proprietario e le innovazioni riguardano parti comuni di un edificio condominiale è necessario munirsi dell’autorizzazione del condominio. Se l’assemblea approva, con le maggioranze previste, la modifica, la spesa sarà ripartita, secondo i criteri stabiliti nel codice civile, per quote millesimali (fermo restando la possibilità di ottenere il contributo di cui agli articoli 9 e segg.). Se invece l’assemblea non delibera l’innovazione (o comunque non si pronuncia entro tre mesi in merito ad essa), nell’ipotesi in cui le opere siano tra quelle comprese nell’elencazione formulata nel più volte citato comma 2 dell’art. 2 e il portatore di handicap (o chi ne esercita la tutela o potestà) intenda avvalersi del diritto di farle eseguire ugualmente, le spese saranno a suo totale carico per l’espressa previsione contenuta nella medesima disposizione (sempre salvo il contributo di cui si è detto).
3.6. Se il portatore di handicap occupa l’immobile a titolo di locazione e le innovazioni debbono eseguirsi all’interno dell’alloggio, deve essere acquisito il consenso del locatore. Tale consenso costituisce altresì titolo per eventualmente ottenere, ai sensi dell’art. 1592 c.c., la prescritta indennità per miglioramenti da parte del proprietario. Le spese per l’innovazione sono a carico del conduttore.
Qualora, fermo restando l’occupazione dell’alloggio a titolo di locazione, la modifica sia inerente alle parti di uso comune sarà necessaria l’autorizzazione del proprietario e le spese devono intendersi a carico del portatore di handicap. In mancanza di tale autorizzazione il portatore di handicap, sussistendo le ipotesi di cui all’art. 2, comma 2 potrà a proprie spese procedere alla esecuzione dell’opera (ferma restando, nei tre casi da ultimo richiamati, la possibilità di ottenere il contributo a fondo perduto).
3.7. Nell’ottica di facilitare l’esecuzione delle opere volte al superamento delle barriere architettoniche l’art. 3 introduce la possibilità di “derogare” (con il limite di cui al comma 2) alle norme sulle distanze precisate dai regolamenti edilizi, anche per quanto riguarda le innovazioni incidenti sugli spazi interni ai fabbricati quali cortili, chiostrine o spazi di uso comune.
3.8. Le opere dirette al superamento o alla eliminazione delle barriere architettoniche da eseguirsi su immobili vincolati ai sensi delle leggi n. 1089 e n. 1497 del 1939 sono state oggetto di previsione da parte degli articoli 4 e 5 della legge.
In tali disposizioni sono state previste semplificazioni inerenti al rilascio di nullaosta o pareri delle autorità preposte alla tutela dei vincoli.
In particolare, per gli immobili soggetti al vincolo storico-artistico di cui alla legge 1089, l’istanza di autorizzazione va inoltrata alla Sovraintendenza competente la quale dovrà pronunziarsi entro 120 giorni dalla data di presentazione della domanda. Il predetto organo amministrativo potrà impartire apposite prescrizioni ritenute idonee alla soluzione del problema.
Trascorso inutilmente il predetto termine il silenzio avrà valore di assenso.
Per gli immobili soggetti al vincolo ambientale di cui alla legge 1497/1939 la domanda va presentata alla Regione (oppure all’ente da essa delegato), la quale dovrà provvedere entro 90 giorni dalla data della presentazione.
Anche in questo caso l’autorità amministrativa potrà dettare prescrizioni tecniche. Anche in questo caso la mancata pronunzia entro il termine predetto vale come implicita autorizzazione. Contro il diniego motivato l’interessato può proporre ricorso entro il termine di 30 giorni al Ministero dei beni culturali e ambientali il quale avrà tempo 120 giorni per pronunciarsi in ordine alla richiesta. Il silenzio oltre il 120° giorno, avrà, questa volta, valore di rigetto del ricorso.
La compatibilità tra l’innovazione richiesta ed il vincolo storico-artistico od ambientale trova limite soltanto nel “serio pregiudizio” che verrebbe a prodursi a carico dell’immobile per effetto della esecuzione dell’opera.
E’ da sottolineare come l’organo competente al rilascio dell’autorizzazione sia tenuto, ai sensi del comma 5 dell’art. 4, non soltanto a motivare il diniego con riferimento alla specifica natura e serietà del pregiudizio, ma anche ad esaminare ed a pronunciarsi in merito alle soluzioni alternative eventualmente prospettate nella richiesta.
3.9 L’art. 7 prevede in linea generale che l’esecuzione delle opere necessarie per l’abbattimento delle barriere architettoniche non sono soggette né a concessione né ad autorizzazione edilizia; se si tratta di opere interne va presentata una relazione a firma di un professionista abilitato ai sensi dell’art. 26 della legge 47/1985; se invece le opere incidono sulla struttura esterna dell’immobile modificandone la sagoma occorre che le opere siano munite di autorizzazione edilizia.

4. Il procedimento per la concessione dei contributi
4.1. Le domande di cui all’art. 8 per la concessione di contributi per la realizzazione delle opere descritte nell’art. 9 comma 1, concedibili ai sensi del comma 3 dello stesso articolo per interventi su immobili privati già esistenti ove risiedono portatori di menomazioni o limitazioni funzionali permanenti, vanno presentate in carta da bollo, non essendo previste esenzioni dalle vigenti norme sulla imposta di bollo.
4.2. Le domande devono essere presentate dal portatore di handicap (ovvero da chi ne esercita la tutela o la potestà di cui al titolo IX del libro I° del codice civile) per l’immobile nel quale egli ha la residenza abituale e per opere che eliminino ostacoli alla sua mobilità. Nel caso di pluralità di handicappati fruitori la domanda può essere formulata da uno o più di essi, fermo restando che per ogni opera può chiedersi un solo contributo, secondo quanto più ampiamente oltre si dirà (v. n. 4.10).
Non sono invece legittimati alla presentazione della domanda altri soggetti, neanche quelli (quali il proprietario dell’immobile o l’amministratore del condominio) che, affrontando la spesa, possono essere titolari del diritto ai contributi ai sensi del comma 3° dell’art. 9, come oltre specificato: se l’opera viene compiuta a spese di soggetti diversi dal portatore di handicap la domanda deve essere da questi sottoscritta per conferma del contenuto e per adesione.
Ai sensi dell’art. 11 la domanda deve essere presentata al sindaco del comune in cui è sito l’immobile e deve contenere la descrizione anche sommaria delle opere, nonché la spesa prevista; non è necessario un preventivo analitico né la provenienza dello stesso da parte di un tecnico o esperto, essendo sufficiente l’indicazione anche complessiva della spesa proveniente dal richiedente (con l’avvertenza, però che una inesatta indicazione potrà andare a scapito del richiedente, come di seguito meglio precisato al punto 15).
Qualora l’immobile sia soggetto ai vincoli storico-artistici o ambientali richiamati dagli articoli 4 e 5, l’interessato deve richiedere l’autorizzazione all’intervento.
Inoltre, qualora l’immobile sia soggetto alle previsioni di cui all’art. 17 della legge 2 febbraio 1974, n. 64 (recante “Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche”) il richiedente deve provvedere ad adempiere all’obbligo del preavviso e dell’invio del progetto alle competenti autorità, obbligo mantenuto fermo ai sensi del comma 2 dell’art. 6.
4.3. Per ogni domanda può essere erogato un solo contributo: la domanda può riguardare, oltre ad una sola opera, un insieme di opere funzionalmente connesse, come meglio si chiarisce oltre.
La domanda deve indicare il soggetto avente diritto al contributo, che deve identificarsi nel soggetto onerato dalle spese per la realizzazione dell’opera. Questi può pertanto coincidere con l’handicappato presentatore della domanda qualora egli stesso provveda a proprie spese, ma può essere un diverso soggetto (che deve sottoscrivere, come si è detto, la domanda, per conferma e adesione): fra questi, ad esempio, coloro i quali abbiano a carico l’handicappato ai sensi dell’art. 12 D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, il condominio o il proprietario dell’immobile ove risiede l’handicappato.
Nel caso in cui le spese siano eseguite dal condominio nella domanda deve indicarsi il nominativo dell’amministratore.
4.4. Il termine per la presentazione della domanda è fissato al 1° marzo di ciascun anno: per il solo 1989 al 31 luglio.
4.5. La domanda deve riguardare opere non ancora realizzate: i comuni nei quali le opere debbono essere eseguite possono accertare che le domande non si riferiscano ad opere già esistenti o in corso di esecuzione, anche mediante controlli a campione, da effettuarsi immediatamente dopo la presentazione della domanda.
Per le domande già presentate per l’anno 1989 il suddetto accertamento può essere effettuato dai comuni anche successivamente ma comunque entro il termine posto dalla legge per l’individuazione del fabbisogno complessivo.
Le domande già presentate per il corrente anno e non conformi alle prescrizioni della presente circolare, possono essere adeguate alle stesse su iniziativa del richiedente, o, in difetto, su invito del sindaco a cui sono state presentate.
Dopo la presentazione della domanda gli interessati possono realizzare direttamente le opere senza attendere la conclusione del procedimento amministrativo e, quindi, sopportando il rischio della eventuale mancata concessione di contributo.
4.6. Alla domanda devono essere allegati il certificato medico e la dichiarazione sostitutiva di cui all’art. 8.
Il certificato medico, in carta semplice, può essere redatto e sottoscritto, da qualsiasi medico, e deve attestare l’handicap del richiedente, precisando da quali patologie dipende e quali obiettive difficoltà alla mobilità ne discendano, con specificazione, ove occorre, che l’handicap si concreta in una menomazione o limitazione funzionale permanente. Le difficoltà sono definite in astratto e non necessariamente con riferimento all’immobile ove risiede il richiedente.
Qualora il richiedente si trovi nella condizione di portatore di handicap riconosciuto invalido totale con difficoltà di deambulazione dalla competente unità sanitaria locale, ove voglia avvalersi della precedenza prevista dal comma 4 dell’art. 10, deve allegare anche la relativa certificazione della U.S.L. (anche in fotocopia autenticata).
4.7. La dichiarazione sostitutiva dell’atto notorio deve specificare l’ubicazione dell’immobile ove risiede il richiedente e su cui si vuole intervenire, con indicazione del comune, della via o piazza e del numero civico, nonché del piano e dell’interno qualora si tratti di appartamento che occupi una porzione dell’immobile. Devono inoltre essere descritti succintamente gli ostacoli alla mobilità correlati all’esistenza di barriere o di assenza di segnalazioni.
L’interessato deve inoltre dichiarare che le opere non sono già esistenti o in corso di esecuzione. Deve altresì dichiarare se per le medesime opere gli siano stati concessi altri contributi (v. punto n. 12).
4.8. Affinché sorga il diritto ai contributi, ai sensi del comma 3 dell’art. 9, l’opera deve essere volta al superamento o all’eliminazione di barriere architettoniche che costituiscano ostacolo a portatori di menomazioni o limitazioni funzionali permanenti: fra queste l’art. 9 indica, a titolo esemplificativo, la cecità e le menomazioni relative alla deambulazione e alla mobilità.
Inoltre il portatore di handicap deve avere effettiva, stabile ed abituale dimora nell’immobile su cui si interviene: non sorge pertanto il diritto al contributo qualora l’handicappato abbia nell’immobile dimora solo saltuaria o stagionale ovvero precaria.
4.9. Qualora non risulti materialmente o giuridicamente possibile la realizzazione delle opere di modifica dell’immobile, i contributi possono essere concessi anche per l’acquisto di beni mobili che, per caratteristiche funzionali, risultino strettamente idonei al raggiungimento dei medesimi fini che si sarebbero perseguiti con l’opera non realizzabile.
4.10. Il contributo può essere concesso sia per opere da realizzare su parti comuni dell’edificio, sia su immobili o porzioni degli stessi in esclusiva proprietà o godimento all’handicappato: può, ad esempio, concedersi per opera da realizzare all’interno dell’appartamento condotto in locazione ove l’handicappato dimora stabilmente.
Ogni contributo viene erogato in relazione alla singola opera o insieme di opere funzionalmente connesse.
Per opere funzionalmente connesse si intende una pluralità di interventi sullo stesso immobile volti a rimuovere più barriere che creano ostacolo alla stessa funzione (ad esempio portone di ingresso troppo stretto e scale, che impediscono l’accesso a soggetto non deambulante).
Ciò implica le seguenti conseguenze.
Qualora di un’unica opera possano fruire più handicappati, viene concesso un solo contributo: viene quindi presentata una sola domanda, come già in precedenza chiarito (n. 4.2).
Qualora varie barriere sussistano nello stesso immobile, ostacolando la stessa funzione, può formularsi un’unica domanda ed ottenere quindi un solo contributo, per il compimento delle varie opere funzionalmente connesse.
Se la varie barriere ostacolano invece diverse funzioni (ad esempio: assenza di ascensore e servizio igienico non fruibile), l’handicappato può ottenere vari contributi per ogni opera necessaria, presentando una diversa domanda per ognuna di esse.
4.11. L’entità del contributo concedibile va determinata ai sensi del disposto del comma 2 dell’art. 9 sulla base delle spese effettivamente sostenute e comprovate: il computo va effettuato, in relazione ai vari scaglioni di spesa previsti, nei modi che si illustrano.
Per costi entro i cinque milioni di lire il contributo è concesso in misura pari alla spesa.
Per costi da lire cinque milioni a lire venticinque milioni il contributo è aumentato del venticinque per cento della spesa effettivamente sostenuta.
Il computo deve così eseguirsi: il contributo base di lire cinque milioni si detrae dalla cifra spesa; sulla differenza si calcola il venticinque per cento che si aggiunge al contributo base. Ad esempio per una spesa di lire quindici milioni si deve così procedere: contributo base: lire cinque milioni, detrazione della spesa di lire cinque milioni, con risultato di lire dieci milioni; computo del venticinque per cento su tale cifra residua, con risultato di lire due milioni e cinquecentomila che, aggiunto al contributo base di lire cinque milioni, consente l’erogazione del contributo totale di lire sette milioni e cinquecentomila.
Per costi da lire venticinque milioni a lire cento milioni si aumenta l’erogazione di un ulteriore cinque per cento. Pertanto devono sommarsi i cinque milioni del contributo di base, il venticinque per cento del costo ulteriore fino a lire venticinque milioni, cioè ulteriori lire cinque milioni, pari al venticinque per cento di venti milioni, costituenti la differenza tra la spesa massima dei primi due scaglioni (rispettivamente di cinque e venticinque milioni), nonché il cinque per cento della ulteriore spesa superiore ai venticinque milioni.
Ad esempio per una spesa di lire ottanta milioni il contributo sarà determinato come segue. Contributo base: lire cinque milioni; contributo del venticinque per cento della differenza tra lire cinque e venticinque milioni: lire cinque milioni; contributo del cinque per cento di lire cinquantacinque milioni, cioè della differenza tra lire ottanta milioni e lire venticinque milioni: lire due milioni e settecentocinquantamila.
In totale, quindi, per una spesa di lire ottanta milioni può essere erogato un finanziamento di lire dodici milioni e settecentocinquantamila (somma fra le cifre parziali di lire cinque milioni, cinque milioni e due milioni e settecentocinquantamila).
4.12. Ai sensi del comma 1 dell’art. 9 i contributi sono comulabili con quelli concessi a qualsiasi titolo al condominio, al centro o istituto o al portatore di handicap; tuttavia, qualora l’altro contributo sia stato concesso per la realizzazione della stessa opera, l’erogazione complessiva non può superare la spesa effettivamente sostenuta.
Pertanto il contributo è pari alla effettiva spesa residua non coperta da altri contributi specifici.
Il contributo così computato deve essere erogato entro quindici giorni dalla presentazione delle fatture, ai sensi del comma 5 dell’art. 10.
4.13. Il procedimento amministrativo per la concessione ed erogazione del contributo così può riassumersi.
L’interessato presenta la domanda (con le indicazioni e le documentazioni descritte) entro il 1° marzo di ciascun anno (entro il 31 luglio per il 1989) al sindaco del comune in cui è sito l’immobile.
L’amministrazione comunale effettua un immediato accertamento sull’ammissibilità della domanda, subordinata alla presenza di tutte le indicazioni e documentazioni, alla sussistenza in capo al richiedente di tutti i descritti requisiti necessari per la concessione del contributo, all’inesistenza dell’opera, al mancato inizio dei lavori ed alla verifica della congruità della spesa prevista rispetto alle opere da realizzare.
Entro 30 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle domande, il sindaco, sulla base delle domande ritenute ammissibili, stabilisce il fabbisogno del comune, computando in relazione all’importo complessivo dei contributi determinati in base ai criteri di cui al comma 2 dell’art. 9; forma inoltre l’elenco delle domande, ordinate secondo i criteri di cui all’art. 10, elenco che deve essere pubblicato mediante affissione presso le casa comunale.
4.14. Il sindaco comunica alla regione il fabbisogno così individuato, unitamente ad un elenco delle domande ammesse ed a copia delle stesse; la regione determina il proprio fabbisogno complessivo e trasmette al Ministro dei lavori pubblici entro 30 giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 4 dell’art. 11, la richiesta di partecipazione alla ripartizione del Fondo per la eliminazione ed il superamento delle barriere architettoniche negli edifici privati di cui all’art. 10.
Il Fondo viene annualmente ripartito tra le regioni richiedenti con decreto del Ministro dei lavori pubblici di concerto con i Ministri per gli affari sociali, per i problemi delle aree urbane e del tesoro, in proporzione al bisogno indicato dalle regioni.
Le regioni ripartiscono a loro volta le somme assegnate ai comuni richiedenti; per quanto riguarda i criteri di tale ripartizione, si rappresenta a titolo meramente esemplificativo che può essere effettuata o in misura proporzionale ai vari fabbisogni ovvero, qualora l’eccessivo numero di domande rispetto alle disponibilità finanziarie possa implicare una frantumazione dei contributi in quote di valore insufficiente a coprire le singole richieste, privilegiando il fabbisogno dei comuni ove sono state presentate domande con diritto di precedenza.
4.15. I sindaci, entro trenta giorni dalla comunicazione delle disponibilità come sopra attribuite, assegnano, dandone tempestiva comunicazione al richiedente, i contributi agli interessati la cui richiesta, tempestivamente formulata, sia stata a suo tempo ammessa ed inserita nell’elenco trasmesso alla regione.
4.16. Per l’ipotesi in cui le somme attribuite al comune non siano sufficienti a coprire l’intero fabbisogno, il comma 4 dell’art. 10 detta due criteri (subordinati ed integrati) di precedenza da seguire nella ripartizione; primo criterio è quello della assoluta precedenza per le domande presentate da portatori di handicap riconosciuti invalidi totali con difficoltà di deambulazione dalle competenti unità sanitarie locali; criterio subordinato è quello dell’ordine cronologico di presentazione delle domande.
Pertanto, l’elenco delle domande deve formarsi dando precedenza agli handicappati aventi le caratteristiche testé rammentate, ordinate fra loro in base al subordinato criterio cronologico (che in tal caso integra il primo criterio); quindi devono porsi le altre domande, disposte in base all’ordine temporale di presentazione.
I contributi vengono concessi nell’ordine così formato.
4.17. Le domande non soddisfatte nell’anno per insufficienza di fondi restano comunque valide per gli anni successivi, senza la necessità di una nuova verifica di ammissibilità: esse tuttavia perdono efficacia qualora vengano meno i presupposti del diritto al contributo (ad esempio: trasferimento dell’istante in altra dimora).
Tali domande mantengono l’ordine cronologico di presentazione, fermo restando la precedenza delle domande degli handicappati riconosciuti invalidi totali con difficoltà di deambulazione dalla competente U.S.L., anche se presentate nell’anno successivo.
Nell’ipotesi in cui la domanda sia rinviata per l’eventuale soddisfazione all’anno successivo e si verifichi nel frattempo un aumento dei costi per la realizzazione dell’opera, il richiedente può comunicare la variazione della spesa prevista: la domanda deve quindi intendersi formulata per il nuovo importo.
4.18. La concreta erogazione del contributo deve avvenire dopo l’esecuzione dell’opera ed in base alle fatture debitamente quietanzate: il richiedente ha pertanto l’onere di comunicare al sindaco la conclusione del lavori con trasmissione della fattura: entro 15 giorni il comune, accertato l’effettivo compimento dell’opera e la conformità rispetto alle indicazioni contenute nella domanda, provvede all’erogazione, dandone comunicazione al richiedente ed all’avente diritto.
Qualora la spesa effettivamente sostenuta risulti inferiore a quella originariamente indicata nella domanda come spesa prevista, e sulla quale pertanto è stata computata l’entità del contributo, il contributo è ridotto tenendo conto della minor spesa, sempre in applicazione dei criteri stabiliti dal comma 2 dell’art. 9 (illustrati al punto 4.11).
Le somme residue non erogate in favore del richiedente a cui erano state concesse, vengono assegnate alle domande inevase, in ordine di graduatoria.
Qualora la spesa effettiva risulti invece superiore a quella prevista, non può farsi luogo ad una erogazione superiore a quella assegnata.
4.19. Per quanto riguarda l’ambito di applicazione delle norme in esame, si rileva che i contributi possono essere erogati per interventi in edifici privati, come emerge, fra l’altro, dalla stessa denominazione del Fondo speciale istituito presso il Ministero dei lavori pubblici.
Ciò premesso, si rileva come la legge 27 febbraio 1989, n. 62, di modifica ed integrazione alla L. 13/1989, abbia introdotto la possibilità di concedere contributi anche per opere da realizzare in edifici adibiti a centri o istituti residenziali per l’assistenza agli handicappati.
Tale espressa previsione consente l’erogazione anche qualora l’edificio su cui si deve intervenire, ove abbia sede il centro o istituto, non sia privato.
Affinché sia concedibile il contributo occorrerà sempre che l’handicappato abbia dimora stabile, abituale ed effettiva nell’edificio e che non possa superare la barriera architettonica con strumenti, accorgimenti o soluzioni diversi. Ad esempio, qualora sia possibile assegnare all’handicappato residente in un istituto una stanza al piano terreno, evitando così l’ostacolo costituito da una rampa di scale, non potrà concedersi il contributo per un servoscala.
I contributi possono comunque essere concessi per consentire l’accesso o la visitabilità delle singole porzioni di immobile assegnate specificamente all’handicappato (stanza, appartamento ecc…), dei servizi igienici di uso individuale o collettivo e degli spazi di uso collettivo (quali sale da pranzo, gabinetti medici ecc…), esclusi i locali di servizio (quali depositi, cantine ecc…).
Il contributo, richiesto sempre dal portatore di handicap, viene concesso al soggetto onerato della spesa, quindi all’handicappato o al centro o istituto.

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