CHIODI DI GAROFANO – Caryophyllus aromaticus L. – Myrtaceae
Caratteristiche
Il nome botanico è stato coniugato in onore del celebre condottiero Eugenio Francesco di Savoia, mentre l’appellativo “chiodi di garofano” si riferisce ai boccioli (bottoni floreali) essiccati di colore bruno come piccoli chiodi.
L’Eugenia aromatica, nota anche come Eugenia caryophyllata, è un albero tropicale, sempre verde, dalla forma piramidale la cui altezza varia da 10 a 15 metri.
Le foglie persistenti si presentano opposte, di forma ovale e appuntite, lisce, piuttosto coriacee.
I fiori tetrameri sono violetti o color porpora, raggruppati in piccoli mazzetti all’estremità dei rami.
Sono composti da quattro petali, numerosi stami e un calice carnoso formato da quattro sepali.
I germogli floreali ancora chiusi costituiscono i cosiddetti chiodi di garofano.
Il frutto è drupaceo o bacciforme.
Il genere comprende circa 20 specie, sfruttate e coltivate, diffuse anche in altre parti della Terra per coltivazione.
Le specie più pregiate sono i chiodi di garofano delle Molucche dell’Indonesia orientale, o per meglio dire i chiodi di garofano di Penang, quelli di Zanzibar e quelli del Madagascar.
I chiodi di garofano americani sono considerati specie meno pregiate a causa del loro tenore più ridotto di olio.

Habitat
Pianta aromatica nota in Cina da oltre 2.000 anni, viene impiegata in tutta Europa dai tempi di Carlo Magno, ma è solo nel XVIII secolo che la sua coltivazione prende piede nell’Isola de la Réunion.
Oggi l’albero è coltivato in Madagascar, Indonesia, Seychelles ed anche in altre regioni tropicali.
Coltivazione
La pianta preferisce un terreno profondo, caldo e umido.
La moltiplicazione avviene per semina o per talea.
Nelle coltivazioni di produzione la pianta viene tagliata a 2-3 metri altezza per favorire la raccolta: questa comincia quando l’albero ha quattro-cinque anni.
Si raccolgono i fiori ancora chiusi il cui colore appare rosato e si lasciano essiccare al sole.

Proprietà e utilizzi
I chiodi di garofano hanno un’azione stimolante, antisettica e carminativa: speziato, riscaldante, antisettico, aromatico, lenitivo, ma anche con un effetto positivo sulla digestione, reprime la nausea e protegge dai parassiti intestinali.
Pare che, contro il mal di denti, bastino alcune gocce di olio di chiodi di garofano per alleviare il dolore (utilizzato nella produzione di dentifrici) mentre in combinazione con altre piante, risultano efficaci per prevenire le malattie da raffreddamento.
Nell’uso esterno, contribuiscono ad alleviare i dolori reumatici e nevralgici.
Usato anche per aromatizzare le sigarette indiane e indonesiane.
Un uso ornamentale è quello di infilarli nelle arance da sistemare nel guardaroba per tenere lontane le tarme oppure sminuzzarli per inserirli nei pot-purri.
L’olio essenziale è molto usato in profumeria per il suo aroma per la preparazione di saponi, sali da bagno e nella preparazione dei colluttori. Grazie alle sue proprietà aromatiche ma soprattutto antimicrobiche (che consentono quindi la conservazione) lo ritroviamo nelle bevande alcoliche quali amari, vermouth, bibite analcoliche oltre che come condimento della carne e di numerose salse.
E’ inoltre molto usato nella preparazione dei dentifrici, dei saponi, dei detergenti, delle creme, dei profumi.
In Indonesia sono usati nella preparazione di sigarette quali ad esempio le Djarum Black formate da una miscela di tabacco, chiodi di garofano e menta.

Sostanze contenute
I principali costituenti dei chiodi di garofano sono: oli essenziali, tannini, flavonoidi, mucillaggini ed olio grasso.
L’olio essenziale a sua volta è costituito principalmente da eugenolo, un derivato del fenolo, presente per 60-90% e responsabile del caratteristico aroma; da sesquiterpeni quali α e β-cariofillene presente per il 5-12%; da monoterpeni quali pinene; da esteri quali eugenil acetato presente per il 2-27% e prodotti minori.
Una particolarità di questa pianta è che ha la più alta resa di olio essenziale rispetto a tutte le altre piante classificate come aromatiche.
L’eugenolo era anche usato come prodotto di partenza per la produzione della vanillina di sintesi (diversa da quella naturale che si ottiene dalla pianta di vaniglia).

Storia e curiosità
L’olio essenziale era già noto agli Egiziani che lo usavano nelle pratiche di imbalsamazione.
Forse fu conosciuto dai Greci e anche dai Romani.
Viene nominato in uno scritto di Plinio, credendo però fosse un frutto.
Nel 1735 il Michaux gli attribuì il nome eugenia, nome che ci ricorda il Principe Eugenio di Savoia.
Furono i cinesi il primo popolo a scoprirla e solo nell’VIII secolo fu introdotta in Europa.
E’ stato accertato che già nel 266 a.C., gli alti dignitari cinesi masticavano chiodi di garofano in modo da rendere piacevole il loro alito quando parlavano con l’imperatore.
Meyers, antico segretario di legazione inglese a Pechino, può assodare come essi fossero già citati da scrittori cinesi tra il 260 e il 200 a.C. sarà poi Pado di Egineto a chiarire che non si trattava dei frutti.
Marco Polo commise l’errore di ritenerlo prodotto nell’isola di Giava.
Sarà Nicolò Conte a comprendere che provenivano dalle Molucche.
Nel 1605 il monopolio delle spezie passò dai portoghesi agli olandesi.
Queste spezie erano note in occidente già ai tempi di Gregorio Magno (papa della Chiesa cattolica e vissuto tra il 540 circa ed il 604), tanto che ne parla nelle sue lettere.
Il medico greco Alexander Trallianus, medico greco (ca. 527 – ca. 565), padre dell’elmintologia, elogiava le virtù dei chiodi di garofano così come fece il grande Avicenna (il cui vero nome era Ibn Sina, medico, filosofo, matematico e fisico persiano nato a Balkh in Afghanistan nel 980 e morto a Hamadan in Iran nel 1037).
Santa Ildegarda (1098-1179), badessa benedettina tedesca, molto colta ed erudita nelle arti mediche, nel suo Morborum Causae et Curae, ha incluso i chiodi di garofano nei trattamenti per mal di testa, emicrania, sordità dopo un raffreddore e idropisia.
Lo stesso Dante Alighieri nel XXIX canto dell’Inferno, versetti 122-133 recita
“E io dissi al poeta: “Or fu già mai gente sì vana come la sanese? Certo non la francesca sì d’assai!”
Onde l’altro lebbroso, che m’intese, risponse al detto mio: “Tra’ mene Stricca che seppe far le temperate spese, e Niccolò che la costuma ricca del garofano prima discoverse ne l’orto dove tal seme s’appicca; e tra’ ne la brigata in che disperse Caccia d’Ascian la vigna e la gran fonda, e l’Abbagliato suo senno proferse.”
Per additare con scialacquatore un certo ser Niccolò da Siena (a quell’epoca -primi del 1300- una tra le città più ricche e potenti d’Europa) che aveva usato i chiodi di garofano come brace per arrostire la carne, all’epoca una spezia rara e molto costosa.
Anche il grande Paracelso (Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim detto Paracelsus o Paracelso, 1493 – 1541 – foto al lato) astrologo, alchimista e medico elaborò, a partire dall’oppio, una medicina che divenne famosa in in tutto il mondo: il laudano, una droga con effetto narcotico, a base di oppio e nella cui composizione entravano anche i chiodi di garofano.
Con il tempo divennero molto popolari e lo stesso Trilussa (nome artistico di Carlo Alberto Salustri, famoso poeta italiano per le sue composizioni in romanesco, nato a Roma il 1871 e ivi morto nel 1950) scrisse :
“Mettece san Giovanni, “Facciafresca”, la spighetta, er garofolo co’ l’ajo, er bacetto, le streghe, quarche sbajo, e fai la canzonetta romanesca.”

Cucina
I chiodi di garofano sono normalmente venduti in vasetti ermetici o in bustine.
Sono impiegati in abbinamento alle cipolle, infilzati nelle stesse, o in combinazione con carni stracotte o, ancora, nelle marinate di carne.
Il suo impiego è esteso anche alla profumazione del vino nel cosiddetto vin brulè.
Anche nell’industria delle bevande è da tempo riconosciuto l’elevato valore del chiodo di garofano, che viene infatti utilizzato per la produzione del vermouth.
A causa del suo sapore intenso, il chiodo di garofano va però dosato con molta cautela.
VIN BRULÉ CON CHIODI DI GAROFANO
• 7,5 dl di vino rosso
• 2,5 dl d’acqua
• 6 chiodi di garofano
• 1 stecca di cannella
• 3–5 cucchiai di miele d’acacia o di zucchero
• 2 limoni bio
Far bollire insieme il vino rosso, l’acqua, i chiodi di garofano e la stecca di cannella. Spremere un limone.
Tagliare l’altro limone a fette.
Aggiungere il miele d’acacia e il succo di limone al vino rosso.
Rimestare il vin brulé.
Togliere le spezie.
Versare il vin brulé in bicchieri precedentemente riscaldati.
Praticare un taglietto sulle fette di limone e infilarle sui bordi dei bicchieri.
Servire il vin brulé bollente.

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Dicembre 2024